Gli anelli della vita


Prima che venisse costruito il nuovo fabbricato del Genio Civile, la zona a fianco della Chiesa di San Francesco era piena di macerie lasciate in triste eredità dalla guerra finita da pochi anni. In piedi, a metà di via Santa Chiara, c’era ancora una vecchia chiesetta bianca semidistrutta ma con il suo alto campanile ancora orgogliosamente intatto. L’abbattimento di quello che era ormai diventato un simbolo, fu un episodio che, emotivamente, coinvolse tutti gli abitanti del circondario. Nella mia mente ho ancora presente, come una fotografia, questa enorme gru completamente gialla che aveva, attaccata alla cima del suo braccio, una lunga catena in fondo alla quale c’era quella pesante palla nera di ferro che veniva fatta oscillare lentamente. Nonostante i violenti colpi ripetutamente portati alla base del campanile, questo opponeva una resistenza che entusiasmava gli spettatori i quali, facendo il tifo per il perdente, deridevano l’operatore della gru ogni qualvolta il colpo veniva assorbito, senza apparenti danni, dalla vecchia struttura. I calcinacci cominciarono presto a cadere numerosi e il povero spigolo che, senza difendersi, subiva i pesanti attacchi, cominciò ad andare letteralmente in pezzi. Come un animale mortalmente ferito dal suo ultimo avversario, il campanile, dapprima si inclinò leggermente su un lato e poi, con un urlo soffocato dalla polvere sollevata dall’impatto con il suolo, rese l’anima a Dio. Lo spettacolo era finito ma, per noi, era nato un nuovo campo di gioco.