Gli anelli della vita

Una sera fui chiamato dai miei genitori. Da alcuni giorni mi ero reso conto che stava per succedere qualcosa di importante. Troppo spesso vedevo mio padre e mia madre che parlavano fitto fitto davanti a fogli di carta pieni di numeri. Ultimamente avevo anche annusato nell’aria una soddisfazione che non avevo mai sentito prima.Con aria di vittoria Angelino mi disse: “cambiamo casa, anzi la compriamo”. Era la realizzazione di un sogno di due persone che avevano fatto e stavano facendo sacrifici pesanti per concretizzare questo loro desiderio. “Se non ci fosse l’affitto…” era la frase che negli ultimi anni sentivo ripetere più di ogni altra. Anche questa fu certamente una decisione di mamma che, come al solito, vedeva dietro gli angoli. Mio padre lavorava all’Enpas e, come dipendente statale, guadagnava il giusto anche se faceva continuamente gli “straordinari”. Quello stipendio non sarebbe stato sufficiente e quindi l’acquisto fu possibile per l’intervento del “principale” di mamma. Lei lavorava nell’amministrazione del famoso negozio di tessuti Francesconi in via Fillungo. L’appoggio economico fu sicuramente determinante ed i miei furono riconoscenti verso il Signor Amedeo per tutta la vita. Ricordo benissimo il primo sopraluogo nella nuova abitazione. Anche se ero ancora fresco della visita nella casa del Faldini, a me parve comunque bellissima. Questa volta avrei avuto veramente una cameretta tutta mia oltre al fatto che c’era un bagno vero con w.c., lavandino, bidet e vasca. Gli ultimi due elementi gli avevo visti solo al cinema o a casa di altri. Via dei Borghi numero ventotto, secondo ed ultimo piano. Solo il numero civico era uguale alla casa che stavamo per lasciare. Considerato che cominciavo ad essere grandino e quindi le possibilità di movimento erano maggiori, il fatto di lasciare Piazza San Francesco non mi diede né problemi logistici né un grande dispiacere. Forse era la soddisfazione e la gioia che aleggiava nella famiglia che attutì il distacco. Fatto sta che, anche se fisicamente ero stato “spostato”, emotivamente ero troppo legato agli amici e ai luoghi della mia infanzia e quindi, nei tempi a venire, feci in modo di lasciare quasi inalterate tutte le precedenti relazioni. La fedeltà al passato fu la causa primaria del mio “chiamarmi fuori” dalla banda del nuovo rione. Anche se abitavo nella zona ero, e sono sempre restato, un “esterno”. Il mio cuore era e sarebbe sempre stato in Piazza San Francesco. Da questo momento, anche se non abbiamo mai navigato nell’oro, non ho più ricordi di ristrettezze ma solo di piccoli, significativi e costanti miglioramenti che venivano, sempre e regolarmente, attribuiti al fatto di non dover pagare l’affitto. Questo è il primo plagio che ricordo di aver subito.

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