Gli anelli della vita


Con una previsione assolutamente fuori dal comune, mia madre, dopo chissà quante insistenze, riuscì a convincere Angelino che sarebbe stato importante la conoscenza della lingua inglese anche se allora era il francese a farla da padrone. Trovò l’insegnante. In Piazza San Martino, a sinistra guardando il Duomo, c’è ancora un pensionato di Suore e, tra le ospiti, c’era una distintissima Signora di madre lingua inglese che, con pochi soldi, era disponibile ad insegnare ai bambini. La camera studio aveva un terrazzino immediatamente sopra quella fontana che, quando eravamo sul pratino, usavamo per bere. Andavo a lezione due volte per settimana. La prima volta mi accompagnò la mia mamma. Parlarono un po’ tra loro e poi restammo soli.
“Ciao, come ti chiami?” furono le prime ed ultime parole in italiano che mi disse.
“Look, two pigeons on the roof”.
Come posso dimenticare la sua prima frase! Guardai fuori dal terrazzino solo perché, insieme a quelle parole, aveva allungato il braccio ed indicava qualcosa da qualche parte. E’ stata una esperienza indimenticabile. Con il cervello ancora in fase di costruzione è assolutamente semplice apprendere e, dopo meno di due anni, ero l’unico ragazzino della zona che parlava correttamente una lingua straniera. Il problema era trovare con chi! Le notizie, a quel tempo, non avevano la velocità di adesso e Lei, ascoltando sempre Radio Londra, riusciva a conoscere eventi che, qua da noi, arrivavano sempre e chissà perché un po’ dopo e quando, nell’Atlantico, successe la tragedia dell’Andrea Doria, raccontai l’evento prima che la nostra radio nazionale lo diffondesse. Quel dramma, per me, fu un successo personale. Leggevamo insieme il “Times” ma, per potermi dare delle arie, agli amici facevo trovare, sempre rigorosamente per caso, ritagli di articoli sportivi prelevati da giornali inglesi che l’insegnante mi dava da tradurre a casa. Se fossi stato solo un po’ più intelligente ed i miei un po’ meno presuntuosi, oggi sarei un perfetto bilingue e, per seconda, avrei avuto quella giusta. Dopo tre anni conoscevo quasi perfettamente l’inglese scritto e parlato ma qualche tempo dopo, alle medie, venne fatto l’errore.
“Quale lingua sceglie per suo figlio?”. La risposta fu:
“L’inglese lo sa già, quindi optiamo per il francese”.
Così come era stato semplice apprendere una lingua diversa, con la stessa semplicità ed efficienza fu facile dimenticarla.

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