Gli anelli della vita


Non so i motivi ma i miei nonni litigarono con i miei genitori e venne deciso di cambiare casa. Quella che abitavamo sarebbe stata troppo grande per una sola famiglia e quindi i miei nonni andarono ad abitare all’inizio di via San Nicolao mentre noi ci trasferimmo di fronte, sempre in Piazza San Francesco e sempre all’ultimo piano, al numero civico ventotto. Non avrei più abitato con i miei nonni. Giovanni era un omino molto simpatico e disponibile (almeno con me) con la cultura del tempo, dove l’uomo è l’uomo e quindi suo è il potere. Aveva fatto il carrozziere o meglio il “battilama” cioè “addrizzava” le lamiere a martellate e con pazienza. Gina, bassa e cicciottella, era stata operaia alla manifattura tabacchi ed a me, primo nipote maschio, aveva voluto dare il nome del figlio scomparso. Non me la ricordo molto protettiva nei confronti del nipote, anzi, spesso mi sembrava assente. Se da un lato rimasi molto dispiaciuto di non avere più a disposizione due “giocattoli” così importanti come nonno Nanni e nonna Gina, dall’altro mi ritrovai una camera personale tutta per me! Oddio, proprio tutta per me non era in quanto dormivo in un angolo della sala da pranzo ma la sensazione di “proprietà” era elevata anche perché pranzavamo sempre in cucina e, anche sforzandomi, non ricordo di aver mai mangiato a quel tavolo. Il mio angolo era a forma di elle. Il mobile, in legno chiaro, aveva la parte sinistra vuota nella quale appoggiava il mio letto. Addirittura era presente anche un comodino che poteva essere richiuso nel mobile stesso. Una pacchia! Il rovescio della medaglia fu pesante per molto tempo. Mi mancavano i miei nonni e ai miei genitori mancavano le loro pensioni. Sinceramente non riesco a ricordare molto di quel periodo se non tutta una serie di ristrettezze che un bambino capisce solo quando è più grande e ricorda. Non ho mai sofferto la fame ma niente in casa veniva sprecato come succede oggi. Guai a lasciare la luce accesa in stanze vuote. L’acqua non doveva scendere dai rubinetti per andare direttamente nello scarico. Il cibo non avanzava mai e, quando succedeva, si ritrovava nel piatto del giorno dopo. Dopo cena i miei tagliavano in due una sigaretta ed ognuno fumava in silenzio la sua parte. I conti di casa erano quotidiani. Mia madre passava molto tempo con un lapis in mano che veniva usato fino a che era possibile tenerlo tra le dita. Che mondo diverso! In particolare, del periodo precedente l’inizio della scuola, ho pochi ricordi. I casi sono due. O sono stati anni veramente grigi e quindi, per difesa, la mia mente non vuole ricordare oppure, molto più probabilmente, non essendo accaduto niente di “importante” non ho niente da raccontare. Ho chiesto a molti amici cosa ricordassero del periodo tra i tre ed i sei anni e, in tutti i casi, ho avuto la stessa risposta. “Poco o niente”.

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