Gli anelli della vita


E finalmente arrivò il giorno della tanto sospirata patente. Ho ancora davanti agli occhi quel documento che, per me, valeva come un passaporto per la libertà. Come in un film a colori e in cinemascope, ricordo mio padre che mi consegnò le chiavi dicendomi:
“Stai attento e vai a fare un giro da solo”.
Mi sentivo come un passerotto che deve uscire dal nido. Era il mese di Aprile e avevo compiuto i diciotto anni da pochi giorni. Nei mesi precedenti, ben prima dell’arrivo del “foglio rosa”, avevo imparato a guidare in modo totalmente illegale. La sera sulle Mura non mancava l’occasione di provare le macchine degli amici ricchi ma, il vero insegnamento era avvenuto con la complicità di Angelino e della natura. L’automobile che si era comprato solo un anno prima era quanto di meglio potesse allora esistere sul mercato. Una splendida Fiat seicento, usata, completamente grigia, con il tettuccio blu e i sedili ribaltabili. Un chicco! La natura venne in mio aiuto preparando il terreno. Quell’inverno, a causa delle copiose piogge, una immensa valanga scese sulla statale Ludovica, quella strada che si trova sul fianco destro del Serchio e che, da Ponte a Moriano va verso Borgo a Mozzano. Il percorso era sempre il solito. Il cambio di pilota veniva fatto nel piazzale adiacente al ristorante la Mora e, fino a quando mio padre non ne aveva le tasche piene, percorrevo nei due sensi quei sei chilometri che erano compresi tra il cartello “Attenzione, tra 6 Km la strada è interrotta” e l’interruzione fisica dell’asfalto. Oggi, quei sei chilometri, sarei ancora in grado di farli ad occhi chiusi. Con la patente in mano salii sulla seicento targata XX 26254. Mi sentivo il padrone del mondo e di me stesso. Ricordo solo che avevo molta più paura di quanto mi aspettassi e di quella che, probabilmente, avevo avuto le primissime volte. Ci vollero non meno di quattro o cinque giri delle Mura perché cominciassi a risentirmi tranquillo. Guidavo già bene. Dalle Mura alla Circonvallazione e nuovamente sulle Mura. Stavo imparando a prendere confidenza con le nuovi ali che mi erano state appiccicate. Purtroppo, per parecchio tempo, non ci fu verso di convincere mio padre a prestarmela di sera e la cosa mi arrecava un certo fastidio per quello che ritenevo dipendere esclusivamente da mancata fiducia. Mi sono sempre considerato un affidabile! I sedili reclinabili funzionavano a meraviglia anche di giorno ma, la sera, li vedevo molto più consoni e intriganti. Dopo non poche insistenze, riuscii a farmela prestare per andare un giorno a scuola e al ritorno, quando Angelino entrò in casa gli dissi candidamente:
“Sai papà, oggi a scuola è andata benissimo…”
“Ti hanno interrogato?”
“Si…”
“Come è andata?”
“Ho preso 1507”
“Come 1507?”
“Fai la somma: 7 a topografia e un 1500 bianco allo stop”
Sarà stato il modo con il quale esposi il fatto o la vicinanza del mio angelo custode, fatto sta che si mise a ridere fragorosamente. Tutto dopo aver ovviamente costatato che il danno al suo gioiello era minimo e che non avevo avuto alcuna responsabilità nella dinamica dell’incidente. Percorrevo la curva della circonvallazione che dalla scuola porta verso porta San Iacopo. Il 1500 bianco, partì dallo stop che si trova sulla strada che proveniva dall’ingresso dell’ospedale nello stesso momento in cui passavo io.

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