Gli scalini del tempo

Siamo unici ed irripetibili sia per l’aspetto che per il modo di ragionare. Il tempo che passa è vissuto in maniera diversa in funzione degli eventi che a loro volta sono molto diversi da persona a persona. Ogni sensazione è quindi relativa. La consapevolezza del trascorrere del tempo non appare al passare di un anno di vita né di due o tre. Devono verificarsi “accadimenti” di importanza tale da far nascere un pensiero del tipo: “ma guarda cosa mi è successo”. Solo vivendo e riflettendo su un evento particolare avvenuto per caso o per scelta ci accorgiamo che non siamo più quelli di un attimo prima e che il tempo consumato nel periodo di osservazione è stato trasferito, in un secondo, sulle nostre spalle. Il mio orologio dell’esistenza non ha mai avanzato un minuto dopo l’altro, un giorno dopo l’altro o un anno dopo l’altro. E’ andato avanti a scatti di anni o meglio, l’ho guardato solo quando qualcosa mi ha imposto di guardarlo. Arrivato a sessanta anni mi sono reso conto di aver controllato il mio orario sei volte e quindi la mia esistenza è composta da altrettanti scalini di consapevolezza.

Il primo scalino l’ho salito con il diploma in mano quando ho preso atto che era finito il tempo delle mele. Il matrimonio, insieme all’ingresso nel mondo del lavoro, non riesco a considerarlo uno scalino in quanto vissuto come logica conseguenza del primo ed anche perché, a differenza di oggi, era una scelta che garantiva una libertà altrimenti impensabile con la quale si miglioravano tutti gli aspetti della vita.

La seconda volta ho riguardato l’orologio alla nascita della prima figlia. Cambia tutto. Da quel giorno niente può più basarsi sull’egoismo giovanile e spensierato. Quell’oggettino che non ha chiesto di venire al mondo ma ce l’ho portato con una mia libera scelta, crescerà rapidamente e i migliori insegnamenti potranno essere trasferiti solo con l’esempio diretto. Nascono obiettivi irrinunciabili che impongono cambiamenti sostanziali.

Un bello scalino l’ho dovuto salire quel giorno di un’estate nel quale, guardandomi allo specchio, ho notato due belle borse sotto gli occhi. Per la verità era già da un po’ che le tenevo d’occhio perché aspettavo e speravo che sparissero come quelle che avevo già notato tempo prima. Non solo non sono sparite ma si sono stabilizzate come per ricordarmi che l’orologio non si ferma.

Quando l’orologio di mamma si è fermato il mio ha subito un sobbalzo. Per la prima volta mi sono sentito solo. Anche se devo riconoscere che, per la situazione in cui si trovava, la morte era forse desiderata, ho vissuto quel momento come un abbandono. Anche se lo pensavo già ho avuto la certezza che qualunque padre non potrà mai avere lo stesso peso della madre.

Il matrimonio della seconda figlia mi ha obbligato a riguardare quell’orologio. La casa che prima sembrava piccola e rumorosa diventa grande e silenziosa. Fortunatamente “vezzo e divezzo durano tre giorni” e quindi, dopo un periodo di sentimenti ed emozioni contrapposti la casa ritorna normale, né piccola né grande né rumorosa né silenziosa. E’ giusto così, diversamente sarebbe stato come fermare un viaggio scelto e deciso anni prima.

La nascita della prima nipotina mi ha sbattuto in faccia l’orologio. Va tutto bene, sono contento, sono orgoglioso ma sono anche diventato nonno e chissà quante altre volte risuccederà. Da un certo punto di vista non vedo l’ora di averne altri ma dall’altro il tic tac tic tac si fa sentire più forte. Non ci posso fare niente e, come ho sempre sostenuto, le alternative possibili non mi interessano.