Pillole & C.


Eravamo a New York. Il nostro albergo si trovava nella 42° strada, proprio sotto l'Empire State Building. Quel giorno, avevamo stabilito di andare a vedere la Statua della Libertà e quindi, non essendo raggiungibile a piedi, decidemmo per un Taxi. Credo che almeno l'80% delle auto circolanti sia costituito da Taxi i quali, 24 ore al giorno, si muovono nelle grandi strade della città. E' sufficiente posizionarsi sul bordo del marciapiede e alzare una mano. Se ti va male, il tempo di attesa potrebbe anche raggiungere i 5 secondi! Gli autisti sono per la stragrande maggioranza degli immigrati, a volte neri ma più spesso pakistani, indiani e cinesi. Quella volta ci toccò un cinese. Era incredibilmente basso. Aveva il sedile posizionato a non più di 20 centimetri dal volante e sembrava guidasse in piedi! Mi sedetti accanto a lui mentre Caterina, Patrizia e Mario si accomodarono sull'enorme divano posteriore. Il grande cassettone giallo si immise nel traffico in direzione “Downtown” nella zona sud di Manhattan. Faceva molto caldo e quindi tenevamo i finestrini parzialmente aperti. Arrivati ad un semaforo si dovette fermare e poi, improvvisamente, voltandosi verso di me, in una lingua sconosciuta iniziò ad urlare come un demonio. Era letteralmente incazzato come una bestia. Dopo alcuni secondi di assoluto terrore ci rendemmo conto di cosa stava accadendo. Non ce l'aveva con me ma con un collega taxista che con il suo mezzo si era fermato accanto allo sportello di destra. Il cinese, durante i suoi incomprensibili ululati, guardava dritto negli occhi il rivale ed i miei erano solo pochi centimetri distanti dalla linea immaginaria che collegava i loro occhi; sembrava proprio che guardasse me! Appena ripartiti, per evitare altre discussioni, chiusi il mio finestrino. Il resto del “viaggio” si svolse in assoluto silenzio ma, appena Mario, dopo aver pagato, (vedi immagine) si voltò verso di noi, iniziammo una grande e prolungata risata liberatoria che ricordo come una delle più lunghe della mia vita. Ancora oggi, ogni volta che ricordiamo quella scena, ci viene da ridere.

Foto